Dopo la fine della la guerra di Successione spagnola e l'elezione del Ducato di Savoia a Regno di Sardegna, Vittorio Amedeo II incaricò l'architetto Antonio Bertola di progettare un nuovo stabilimento dell'Arsenale militare destinato alla produzione di armi da fuoco leggere e da taglio. La cosiddetta Fucina delle canne da fucile fu insediata in Valdocco, a circa un quarto di miglio a settentrione della città, in un sito che consentisse di utilizzare la forza dinamica dall'acqua derivata dalla Dora. Lo scavo stesso del canale del Martinetto fu motivato anche dalla costruzione di questo impianto. In un edificio adiacente alla Fucina delle canne trovò sede un laboratorio della Zecca di Torino dotato di una propria ruota idraulica.
La Fucina delle canne da fucile allo stato di origine. L'opificio si trovava in aperta campagna e l'ala adibita a orto testimonia della continuità tra attività agricola e manifatturiera. Le ruote idrauliche erano ospitate nella manica lunga settentrionale.
Fonte: Acque, ruote e mulini.
L'attività dello stabilimento iniziò nel 1715 e crebbe velocemente, accompagnata da continue innovazioni sui prodotti e sui processi produttivi. All’iniziale fabbricazione delle canne dei fucili, assemblate poi nell'Arsenale torinese, si aggiunse in seguito la produzione di armi bianche. Nell’Ottocento la Fabbrica d'armi di Valdocco (così viene anche chiamata a partire da questo secolo) occupava una superficie di 5800 mq. (1) Essa divenne una delle maggiori iniziative manifatturiere della città, che contribuì a forgiare quel mix di know-how e manodopera qualificata alla base del futuro successo dell'industria meccanica torinese. Verso la metà del secolo essa produceva in media oltre 30.000 pezzi l'anno e dava lavoro a parecchie centinaia di operai civili e militari, oltre che a un cospicuo numero di lavoranti a domicilio. Assorbendo anche la produzione di fabbricanti esterni di semilavorati, rappresentava un importante polo territoriale di sviluppo. Situata lontano dall’abitato tra campi e prati, la fabbrica costituiva un'unità autosufficiente. Era dotata di un orto di 800 mq (2) e poteva dare anche alloggio, almeno in un primo tempo, a parte delle maestranze, per le quali fu ricavata all'interno perfino una cappella frequentata dagli abitanti della zona. (3)
Il disegno, senza data e dal titolo generico di "Fabbricati impiegati per la realizzazione dei metalli", è attribuibile alla Fucina delle canne di Valdocco. L'assenza del canale Meana fa suppore che sia anteriore al 1754. Le ruote idrauliche sono disposte su due partite da 6 + 2 unità ciascuna. La pianta ha un valore solo indicativo, poiché numero e dislocazione di macchine e ruote è mutato nel tempo. Sulla sinistra è riconoscibile il laminatoio della Zecca, dotato anch’esso di una ruota idraulica. Si noti infine la presenza del piccolo giardino all'interno dello stabilimento.
Fonte: AST, Sezioni Riunite, Carte topografiche e disegni, ministero dei Lavori Pubblici, Tipi miscellanea genio civile, Torino, Torino, 15
Nella seconda metà del XVIII secolo all’interno della Fucina di Valdocco operò anche un laboratorio per il taglio e la produzione di polveri di marmo. Di competenza delle regie finanze, esso utilizzava la forza idraulica e lavorava sia per i cantieri regi, sia per gli altri. Dal 1791 fu concesso in enfiteusi perpetua all’arch. Giovanni Battista Ferroggio che lo gestiva già dal 1772. (4)
La Commissione Pernigotti, nel 1844, censiva sette ruote idrauliche attive nello stabilimento. Se nel 1869 esso disponeva di 75 CV complessivi di potenza, in seguito fu dotato di motori idraulici più efficienti e a fine secolo poteva contare su ben 160 CV di forza motrice ottenuti dal canale del Martinetto. A questi si aggiungevano altri 105 CV generati da una turbina idraulica situata sul ramo destro del canale Ceronda e portati in loco attraverso un sistema telodimamico di trasmissione del moto. (5) Le macchine a vapore erano tenute di riserva e utilizzate principalmente in caso di mancanza d'acqua nei canali.
I resoconti dell'Indagine Industriale 1858-1861 assegnano allo stabilimento il primo posto tra le manifatture metallurgiche cittadine. Secondo il documento «Nella regione Valdocco esiste la fabbrica d'armi portatili, cioè: canne d'armi da fuoco, acciarini, baionette, sciabole corte. Vi sono 156 macchine d’ogni genere relativo, messe in moto da quattro ruote idrauliche e da un turbine della complessiva forza di 60 cavalli. Il ferro è lavorato in un forno a riverbero, e in 39 fucine ; vi si consumano 2,200 miriagrammi di legno e 64,000 miriagrammi di carbone di castagno. Vi sono addetti 586 operai, cioè 380 uomini e 206 allievi, tutti borghesi. In Torino lavorano oltre 100 borghesi. In altre provincie vi lavorano, per conto di questa manifattura, circa 250 operai. Il prodotto annuo supera le 18,000 armi da fuoco e le 15,000 armi bianche che sono tutte d’uso del Governo. (6)
La Fabbrica d'armi nelle descrizioni del tempo
Macchina idraulica per trapanare le canne dei fucili.
fonte: Web.
G. Casalis, 1852.
"La Fucina delle canne in Valdocco, situata ad un quarto di miglio dalla città a settentrione della medesima, è particolarmente ordinata per b fabbricazione delle canne delle armi portatili da fuoco d'ogni specie , mentre sperimentata a costruirvi bajonette e lame da sciabola di fanteria e di artiglieria, non riuscì ad ottenerle allo stesso costo di quelle delle fabbriche di Netro nella provincia di Biella. Divisa da prima in altrettante imprese quanti sono i periodi della fabbricazione, venne poi questa nel 1823 ristretta ad un solo impresario, e i prodotti che si recavano in tal modo dalla fucina, sottoposti ai soliti sperimenti per riconoscerne la bontà, ascendono annualmente a 9000 canne. I lavori dell'allargare e del portare l'interno delle canne al giusto loro equilibrio, del pulirlo, agguagliarne pareti al tornio ed alla ruota, si eseguiscono con macchine idrauliche, gli altri si effettuano ne' vari laboratoi parte a braccia, e parte con strumenti ed ingegni opportuni".
(G. Casalis, Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli stati di S. M. il Re di Sardegna, vol. XXI, pag. 175)
P. Baricco, 1869.
"Questo stabilimento era per l’addietro destinato unicamente alla fabbricazione delle canne da fucile: fu da pochi anni ingrandito e reso atto alla fabbricazione di tutte le armi portatili da guerra e dei relativi accessori, nonché alla costruzione degli strumenti verificatori. V’hanno macchine motrici, idrauliche ed a vapore che rappresentano la forza di 75 cavalli: vi hanno poi svariate macchine lavoratrici, cioè torni, trapani, macchine da pulire, da smerigliare, da fornire, da piallare, da limare e da incavare, seghe a lama continue, seghe alternative, mole, magli, cesoie e cento altri congegni per la lavorazione del ferro. Il numero degli operai, parte militari, parte borghesi è di circa mille."
(P. Baricco, Torino descritta, vol. 1, Paravia, Torino 1869, p. 380)
La Fabbrica d'armi ha raggiunto a fine Ottocento la massima espansione e la sua presenza condiziona il nuovo disegno della città. L'impianto occupa il quadrilatero formato dalle progettate vie Treviso, Caserta, Pistoia e Palmanova (oggi scomparsa). Il prolungamento di via Caserta, eseguito solo nel 1912, comporterà l'abbattimento dell'ala sinistra occupata in precedenza dalla Zecca.
Fonte: Planimetria di Valdocco, 1889 (RAPU)
Il nuovo secolo segnò il declino della Fabbrica d'armi di Valdocco, a cui non fu estranea la politica di rilocalizzazione dei grandi opifici governativi operata su scala nazionale. Nel 1902 essa cessò di esistere quale azienda autonoma, ma l'attività continuò sotto la Direzione dell'Arsenale delle Costruzioni di Artiglieria di Borgo Dora, seppure riducendo progressivamente produzione e occupazione. (7) Contrariamente a quanto talora si ritiene, lo stabilimento non fu acquisito dalla Società Anonima Ferriere Piemontesi, già Vandel, e solo 1937, in seguito a uno scambio di terreni effettuato con il Demanio militare, fu acquisito dalla Fiat Ferriere Piemontesi, che in questo modo poté completare l’espansione a sud, oltre i canali Meana e Martinetto. (8) Della Fucina delle canne da fucile non resta traccia alcuna.
Negli anni Venti-Trenta del Novecento la vecchia Fabbrica d'armi è ancora riconoscibile nell'area siderurgica di Valdocco, seppur circondata da impianti ben più recenti.
Fonte: CimiMontubi S.p.A.
NOTE
-
Cfr. ASCT, Catasto Gatti, Sez. 61, Art. 2262, 1820 ca
-
Cfr. ASCT, Catasto Gatti, cit.
-
Una curiosità: nel 1837 Michele Rua, futuro discepolo di don Bosco e suo primo successore, nacque proprio alla Fucina delle canne di Valdocco, dove abitava la famiglia poiché il padre Giovanni Battista vi era impiegato quale capo officina. Nella cappella dello stabilimento il piccolo Michele svolse a lungo la funzione di chierichetto (cfr. sito Salesiani di don Bosco).
-
Cfr. AST, Sez. Riunite, Controllo Generale di Finanze, Patenti e biglietti poi Patenti, mazzo 85.
-
In seguito alla convenzione del 9 dicembre 1876 la Città di Torino concesse a titolo gratuito all’Amministrazione Militare l’uso della forza dinamica generata da un salto di 4,10 m posto sul ramo destro del canale Ceronda. L'energia era prodotta da una turbina collocata in borgo San Donato e trasmessa in Valdocco mediante sistema a cavo (o telodinamico). Contestualmente la municipalità concesse anche l'uso del salto di 1,15 m che si trovava sul canale Meana in fronte allo stabilimento (ASCT, Atti Speciali, vol. 1bis, p. 84). Altri impianti telodinamici furono installati anche presso l'Arsenale da costruzioni di artiglieria e lungo il canale del Regio Parco.
-
Cfr. Riassunto Statistico del movimento professionale avvenuto in Torino nel quadriennio 1858-61, Torino, 1863, Eredi Botta, p. 64.
-
“La Stampa”, 30 settembre 1902.
-
La Convenzione tra l'Amministrazione Militare ed il Comune di Torino per l'occupazione precaria della zona di terreno sita tra il canale del Martinetto e Meana fronteggianti l'ex-Fabbrica d'Armi di Torino, risalente al 23 maggio 1920, testimonia che in quella data la fabbrica apparteneva ancora al Demanio ed era destinata a produzione bellica (ASCT, Atti Speciali, vol. 5, p. 107). Con contratto del 4 marzo 1937 si effettuò la permuta dell'ex lanificio Piacenza in Torino, di proprietà della S. A. Fiat, con gli immobili demaniali costituenti l'ex Fabbrica d'armi di Valdocco (“La Stampa”, 14 aprile 1937).
Per ulteriori approfondimenti cfr. il saggio di L. Palmucci Quaglino, Polveriera e Fucina delle canne: continuità e innovazione nelle manifatture d'armi di borgo Dora e Valdocco, in Acque, ruote e mulini, vol. 1, pp. 241 ss.
Ultimo aggiornamento della pagina: 29-08-2021