IL CANALE DEL REGIO PARCO
Il Canale del Regio Parco
Dai Molassi e dal ponte delle Benne al Regio Parco
Nel 1758, al Palco del Viboccone, tenuta di caccia di Emanuele Filiberto e residenza di piacere di Carlo Emanuele I, Carlo Emanuele III fece costruire le nuove e imponenti Manifatture per la lavorazione del tabacco, della carta e dei piombi, ispirandosi alle grandi Manifactures Royales francesi quali la Manufacture nationale de Sèvres e la Manufacture des Gobelins. Le rovine della Maison de Pleasance furono inglobate nell'edificio industriale, e i terreni circostanti destinati alla coltivazione del tabacco. Contestualmente fu ricostruito il ponte delle
Contenuti
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La manifattura tabacchi
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La cartiera
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Benne distrutto da una piena nel 1711 e venne allargata la strada del Parco. Al suo fianco fu scavato il nuovo canale che avrebbe fornito la forza motrice al complesso.
Il canale del Regio Parco costituiva il tronco finale della grande derivazione che attraversava la città. Alcune vestigia sussistono tuttora.
TRACCIATO e STORIA
Il canale del Regio Parco, come detto in apertura, era costituito da due distinti alvei: il “ramo del Parco” traeva origine dalla Dora al ponte delle Benne e fu il primo a essere realizzato, mentre il “ramo Vanchiglia”, che di fatto costituiva la continuazione del canale dei Molassi, fu scavato in seguito. Le acque delle due derivazioni si riunivano in prossimità del Cimitero generale e proseguivano verso gli stabilimenti del Parco.
Il nome della bealera
Anche il canale del Regio Parco non ebbe un nome univoco ufficiale e la toponomastica che compare nella documentazione storica è assai varia. All'iniziale "canale nuovo di S.M.", in virtù della proprietà delle manifatture che serviva, seguirono appellativi quali “canale del Regio Parco", "bealera del Regio Parco", “canale del Parco” e altri ancora, inoltre usati indifferentemente sia per l'insieme del canale, sia per i suoi rami. In un documento più recente (1961) è indicato come "antico canale demaniale detto del Regio Parco". Talora, una logica gerarchica, il termine "canale" è riservato al ramo Vanchiglia e "bealera" all'altro ramo. Tuttavia anche tale classificazione non costituisce certo la regola. Seguendo una ratio cronologica, il ramo del Parco era indicato come “canale vecchio del Regio Parco” e il ramo Vanchiglia come “canale nuovo” e talora semplicemente “bealera di Vanchiglia”, generando ulteriore confusione con la canalizzazione, omonima, che prolungava il canale dell'Arsenale oltre la porta di Po. Altre volte questo ramo, dalla portata di gran lunga maggiore, era indicato come "canalone" del Parco.
Il disegno, risalente al 1824, mostra l'assetto idraulico a valle dei Molini di Dora dopo la realizzazione dei due rami del canale del Regio Parco. A sinistra i due condotti provenienti dai mulini (in alto lo scaricatore interno) si riuniscono brevemente per suddividersi poi subito dopo tra lo scaricatore detto del Frisetto, che sfocia nella Dora a monte della traversa del canale del Regio Parco affinché questa ne possa recuperare le acque, ed il ramo Vanchiglia del canale. Si notino la ruota idraulica della "trafila" dell'oro del signor Grandis e quella della conceria Raby, di cui si tratta più avanti.
Fonte: Piano regolare del corso della bealera del Regio Parco dall'uscita dei molini di Torino sino al ponte delle Benne, 1824 (AST, Sezioni Riunite).
Il ramo del Parco. Le nuove manifatture erano impianti capital intensive, nei quali un buon numero di macchine richiedeva una quantità considerevole di forza motrice. Nel 1759 venne dunque tracciato il nuovo canale, che costeggiava per circa 2.500 m la strada del Parco, alimentato da una traversa eretta ad hoc in prossimità del ponte delle Benne. (6) Era noto che nel punto di presa la portata della Dora, al tempo, era severamente penalizzata dai massicci prelievi d'acqua effettuati a monte; di norma essa era costituita dai soli contributi che risorgive e scoli riversavano nel fiume dopo le prese dei canali Pellerina e Meana; apporti di per sé sicuramente insufficienti. Tuttavia gli ingegneri idraulici pensarono che la nuova traversa potesse intercettare anche buona parte dell’acqua del canale dei Molassi, scaricata nel fiume dopo i molini. Tali aspettative però furono deluse a causa della limitata capienza e dallo scarso declivio del condotto preposto. Fu quindi necessario cercare nuove soluzioni, tra cui la ricostruzione della traversa con maggiore inclinazione per favorire l'ingresso di maggiori volumi d'acqua. (7)
Il "ramo del Parco" diede il nome ufficiale alla derivazione, ma di fatto svolse una funzione sussidiaria. Il suo contributo, di norma modesto, diventava trascurabile nei periodi di siccità più grave. In regime di acque normali la portata, calcolata nel 1844 dalla Commissione Pernigotti, era pari a 1.360 l/sec - circa un quinto del fabbisogno stimato.
Il "Disegno del corso della Dora Riparia dalla derivazione del R. Parco sino allo scaricatore della destra", risalente al 1817, mostra le tracce restanti della traversa originale, ortogonale al fiume, (D) e la palificata della nuova chiusa (B) ricostruita con maggiore inclinazione per convogliare una maggiore quantità d'acqua nel canale del Parco. (C).
Il ramo di Vanchiglia. Si decise quindi di portare l'acqua dei Molassi direttamente alla strada del Parco; il canale dei molini venne prolungato fin oltre lo scaricatore del Tarino (8) dove terminava l’antica bealera di Vanchiglia, che di conseguenza venne annullata. In prossimità della cascina del Colombaro (corso Tortona) il nuovo alveo svoltava bruscamente a sinistra passando il fiume con un ponte-canale in legno (9) per congiungersi all’altro ramo lungo la strada delle manifatture vicino al futuro Cimitero generale. Il ramo del Parco non fu quindi né il solo, né il principale: era infatti quello di Vanchiglia a convogliare gran parte delle acque: la portata media era di 5.800 l/sec, pari circa l'80% degli oltre 7.000 l/sec necessari alle regie fabbriche. (10)
Il tratto comune. Riunite le acque dei due rami, l'ultimo tratto costeggiava ancora per circa 1.600 m la strada del Regio Parco, raccogliendo gli scoli e alimentando alcuni bocchetti irrigui dei poderi circostanti. Giunte a destinazione, e ricevuto l’eventuale apporto d’acqua di un ramo della bealera nuova di Lucento, (11) le sue acque entravano nelle Manifatture dividendosi in tre rami, di cui i primi due servivano rispettivamente la cartiera ed il tabacchificio, mentre il terzo fungeva da scaricatore. Un articolato sistema idraulico consentiva infine il deflusso nel Po delle acque reflue, alimentando un ultimo opificio.
Canale del Regio Parco - Assetto originario.
I due rami del canale scorrevano a cielo aperto per tutta la loro lunghezza.
IL CANALE DEL REGIO PARCO IN SINTESI
La soppressione del canale all’interno della cinta daziaria. La regione delimitata dal Po, dalla Dora e dai bastioni orientali della città è sempre stata umida, acquitrinosa e insalubre, poco popolata, adibita a pascolo, e in essa si raccoglievano gli scoli della città. Solo nel nell’Ottocento – e segnatamente nella seconda metà – l’area compresa tra corso San Maurizio e la Dora venne raggiunta dalla crescita urbana, complice il basso valore dei terreni che ha favorito la costruzione di case destinate alle famiglie operaie. Qui il canale di Vanchiglia aveva ormai perso le funzioni irrigue, risentiva degli anni ed era soggetto a forti perdite. Simile a una fogna scoperta, serpeggiava lento per un paio di chilometri attraverso i terreni resi edificabili dal nuovo Piano di fabbricazione, impedendo il prolungamento verso la Dora delle vie Denina, Rossini, Montebello e Tarino. La sua presenza costituiva un rischio per gli abitanti della zona e una minaccia per la pubblica igiene. La modesta pendenza e le immondizie di ogni sorta che abitualmente vi venivano gettate provocavano il rallentamento e il ristagno delle acque e, soprattutto in estate, pesanti miasmi ammorbavano l'aria. La situazione era diventata insostenibile e una soluzione venne reclamata a gran voce.
Dalla seduta del Consiglio Comunale del 4 luglio 1887...
...si apprende che “I due rami del canale convogliano materie che sono fomite [veicolo] di infezione per quelle regioni; oltre a ciò impediscono la fabbricazione e l’apertura di strade in quella località. È adunque una vera questione di risanamento, di viabilità e di edilizia, e si rallegra sia si finalmente potuta risolvere”. La spesa necessaria è elevata, ma “risparmia al Municipio una spesa considerevole, evitandogli la costruzione di altrettanti ponti quante sono le strade che sarebbero intercettate dal canale, facilita la costruzione di quel quartiere, evita le frequenti disgrazie di cui il canale stesso è causa”.
Fonte: ASCT,
Atti C.C., 4 luglio 1887, p. 269, § 8.
Scambio d’acqua tra canali e Pubbliche amministrazioni
Secondo il progetto originario il ramo sinistro del canale Ceronda avrebbe dovuto attraversare la Dora, proseguire in Vanchiglia parallelo a corso Regina Margherita e scaricarsi nel Po sfruttando così il potenziale residuo di un corpo d’acqua di circa 2 mc su un dislivello di 7 m. Tuttavia, in attesa dell’effettiva domanda di forza motrice in quella parte della città, si pensò al momento di convogliare temporaneamente le acque del Ceronda nel ramo del Parco. I lavori però avrebbero privato le Regie Manifatture della forza motrice per un tempo troppo lungo e si preferì semplicemente scaricare il canale Ceronda nella Dora. La bocca di scarico così realizzata è tuttora visibile nei pressi del ponte delle Benne e valle dello sbarramento attuale. Parecchie mappe del tempo riportano soltanto il previsto collegamento tra i due canali.
In seguito si valutò un possibile “scambio d’acque” tra Demanio e Comune, considerando che la Città per utilizzare il salto di circa 7 m ancora disponibile sul ramo sinistro del canale Ceronda, come si è detto, doveva trasportare i 2 mc d’acqua del canale sulla sponda destra della Dora; mentre all’opposto il Demanio portava già sulla sponda sinistra l’acqua proveniente dai Molassi. Si ipotizzò quindi di immettere nell’imbocco del ramo del Parco i 2 mc provenienti dal canale Ceronda e derivare al contempo un pari volume d'acqua dallo scaricatore del Frisetto 2 mc, che tradotto direttamente al Po avrebbe ovviato al prolungamento del canale Ceronda. L’acqua eccedente a quella pattuita, proveniente dal canale dei Molassi, sarebbe stata versata nella Dora a monte della traversa e immessa nel ramo del Parco, previo adattamento dell’alveo per accogliere il maggior flusso.
L’idea, semplice e conveniente sul piano teorico, nel corso di lunghe e complesse trattative tra le due amministrazioni venne profondamente modificata e scomposta in successive varianti, che indussero infine il Municipio ad abbandonare trattative e progetto, specialmente a causa delle pesanti condizioni imposte dal Demanio in relazione alla continuità del deflusso nei canali esistenti durante l’esecuzione dei lavori ed alle valutazioni del valore degli alvei e dei terreni.
Fonte: ASCT, AA.LL.PP., 1886, 158/3 e cartelle dedicate alla questione dal 1867 sotto la voce Industria torinese,
"Scambio acque col Governo"
Per antichi diritti il canale del Regio Parco era di competenza del Regio demanio e, abbandonata una prima ipotesi di scambio d'acque tra canali appartenenti a diverse amministrazioni, il Comune di Torino nel 1873 intavolò con il Ministero delle Finanze le trattative per acquistarlo e sopprimerne direttamente l’alveo. Tuttavia i negoziati si protrassero a lungo senza risultati. Le due amministrazioni non trovarono l’intesa né sul valore dei terreni occupati dal sedime del canale, sensibilmente accresciuto dopo l’approvazione dei nuovi piani urbanistici, i urbanistici, né sulla valutazione dei canoni delle concessioni
per concordare le compensa-zioni imposte dalla soppres-sione. La situazione si sbloccò soltanto nel decennio succes-sivo, quando con la legge di risanamento 3793 del 15 aprile 1886 il Governo cedette gratuitamente al Municipio l’alveo del ramo Vanchiglia. Rapidamente si stilò il progetto esecutivo e nel 1889 venne siglata la convenzione che consentirà l’avvio dei lavori di ristrutturazione e soppressione dei rami del canale all’interno della cinta daziaria. (12)
Negli anni ottanta dell'800 l'interferenza dei due rami del canale del Parco con i piani di sviluppo urbano è ormai evidente.
Fonte: ASCT, Tipi e Disegni, 12.1.66. (particolare)
Il piano contemplava la radicale ristrutturazione dei tracciati e delle opere di presa del canale e il recupero di oltre 6.000 mq di terreno compresi tra gli scaricatori del Frisetto e del Tarino. Esso riprende una proposta formulata dall'ing. Ignazio Michelotti al tempo del governo francese. Entrambi i rami venivano sostituiti da un condotto sotterraneo in muratura da realizzarsi lungo l’asse di via Foggia, nel quale erano convogliate le acque del canale dei Molassi, sottopassando la Dora attraverso una nuova steccaia-sifone in grado di derivare un corpo d’acqua pari a quello del vecchio ramo del Parco (13).
Canale del Regio Parco nell’assetto successivo alla soppressione dei due rami interni alla cinta daziaria
Più in dettaglio, il progetto prevede i seguenti interventi:
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L’abolizione dello scaricatore del Frisetto, ora integrato nel nuovo canale, sostituito da un nuovo sbocco qualche decina di metri più a valle.
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La costruzione di una steccaia-sifone in muratura di calcestruzzo che attraversava normalmente la Dora, arretrata di poco rispetto alla vecchia traversa, in linea con l’asse di via Foggia. Costituita da due tubature armillari del diametro interno di 1,50 m ciascuna, capaci di condurre sulla sponda sinistra del torrente le acque del canale dei Molassi, sarà lunga 56 m. Rivestita in pietra sul frontale, sarà difesa alla base da una gettata di massi e dotata di scaricatori sulla sponda destra. Uno scaricatore-callone sulla sponda sinistra consentirà il passaggio delle barche. Essa inoltre innalzerà il livello del fiume di circa 60 cm, sufficienti per introdurre nel canale di via Foggia un corpo d’acqua pari a quello del vecchio sbarramento che, ormai inutile, sarà abbandonato. Il nuovo edificio di derivazione in sponda sinistra sarà munito di sei paratoie a strisciamento, i cui meccanismi a controllo manuale, degradati, arrugginiti e in posizione abbattuta, sono tuttora immorsati nel parapetto di lungo Dora Firenze. (14)
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La realizzazione di un bacino di riunione sotterraneo che raccoglierà le acque derivate dalla Dora e quelle del canale dei Molassi e le immetterà nel canale di via Foggia. Misurerà 3,8 m di lunghezza per 10,3 m di larghezza e dovrà permettere sia il controllo separato sia quello congiunto dei due corpi d’acqua.
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Il congiungimento del canale in muratura coperto di circa 730 m sull’asse di via Foggia all’alveo esistente alla barriera del Camposanto. La differenza di 1,35 m tra il livello del pelo dell’acqua dello scaricatore del Frisetto e la barriera del Camposanto consentirà di contenerne la larghezza in soli 4 m.
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La deviazione del ramo sinistro del canale Ceronda, per il quale verrà costruito un nuovo scaricatore più a valle.
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L'edificazione di una nuova abitazione del custode all’angolo tra corso Firenze e via Foggia.
Canale del Regio Parco soppressione dei due rami interni alla cinta daziaria. Nuove opere di presa, 1888.
Fonte: ASCT, Tipi e Disegni, 12.1.66.
Il capitolato d’appalto prevedeva che le opere fossero concluse entro 14 mesi dalla delibera definitiva, pena multa di 50 lire per ogni giorno di ritardo. I lavori del canale di via Foggia, iniziati il 1o ottobre 1887, terminarono il 24 novembre 1889 e l’acqua venne immessa già nei giorni successivi. Il 13 dicembre il Corpo Reale del Genio Civile consegnò ufficialmente al Municipio di Torino gli alvei dei due rami soppressi del canale del Regio Parco. Il collaudo definitivo delle nuove opere avvenne il 30 ottobre 1890. (15)
Tracce della vecchia traversa del Regio Parco in un dipinto di A. Bosia del 1912
Una sola variante venne saggiamente introdotta in corso d’opera. Lo scaricatore da realizzarsi tra la barriera del Camposanto e la Dora, utilizzando l’alveo del ramo Vanchiglia che transitava davanti al Cimitero generale, previsto dal progetto originale, venne sostituito da una struttura ricavata nella nuova camera di riunione, la quale versava eventuali eccessi d’acqua nel canale Ceronda, che sottopassava la camera stessa, e quindi nel fiume. La
nuova collocazione dello scaricatore risultò di gran lunga più favorevole e funzionale sia alla pulizia della camera d'acqua, sia al miglior controllo del canale di via Foggia. Il tratto del sopprimendo ramo Vanchiglia, destinato in un primo tempo a fungere da scaricatore, rimase proprietà del Demanio e venne acquistato dal Comune di Torino qualche anno più tardi che provvide a colmarlo sia per migliorare la viabilità, sia per abbellire con alberate e rendere più sicuro l’ingresso del Camposanto. (16) All'inizio degli anni Venti del secolo successivo il callone superstite della vecchia steccaia venne prolungato con un sistema di pali ed assipali al fine di proteggere lo sbocco del ramo sinistro del canale Ceronda. (16a)
Le cateratte che regolavano l'imbocco del canale del Regio Parco immettendo l'acqua nel nuovo condotto di via Foggia. A sinistra, nel disegno del progetto del 1889; A destra, dopo il restauro effettuato quale compensazione durante i lavori per la costruzione della centrale idroelettrica.
Fonte: ASCT, Tipi e Disegni, 12.1.66 (particolare).
L’esigenza della Municipalità di giungere a una rapida soluzione della questione, e segnatamente la soppressione del ramo Vanchiglia, portò ad accordi ben più vantaggiosi per il Demanio che per la Città stessa, sia sotto il profilo economico sia sotto quello giuridico e amministrativo. (17) Il Comune si fece quasi completamente carico dei costi, che ammontarono a circa 335.000 lire del tempo, e compresero le opere idrauliche e l’acquisto dei terreni necessari, nonché la colmatura degli alvei dismessi, la cui successiva cessione compensò solo in parte la spesa sostenuta. Dopo la soppressione del canale non è rimasta alcuna traccia dei vecchi rami.
LA TRAVERSA DEL REGIO PARCO OGGI
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La traversa dell’ex canale del Regio Parco è lunga 54 m, larga 6 m e determina un salto medio di 1,7 m. Realizzata in muratura, è rinforzata sul fondo da massi ciclopici che dissipano l’energia cinetica della corrente contrastando l’erosione provocata dal risalto idraulico.
La fine del canale. Dopo la ristrutturazione ottocentesca il canale del Regio Parco sopravvisse ancora per quasi un secolo. Alla soglia degli anni Sessanta la decisione del Comune di Torino di sopprimere il canale dei Molassi, e il sistema idraulico cittadino, segnò anche il destino del canale del Regio Parco. In attesa di perfezionare l’acquisto del canale, nel luglio 1961 la municipalità siglò con la Direzione Generale del Demanio una convenzione transitoria che ne consentisse la dismissione, svincolando così i tempi del risanamento di borgo Dora da quelli, lunghissimi, delle procedure burocratiche interne alla pubblica amministrazione. Il fulcro dell’accordo furono le compensazioni che il Municipio si impegnò a versare all’autorità demaniale. Infatti la Manifattura Tabacchi, la sola utenza rimasta, benché dagli anni Cinquanta fosse dotata di una centrale termica, utilizzava ancora la forza dinamica del canale del Regio Parco per la produzione di energia idroelettrica. L’accordo, alquanto complesso per la pluralità di soggetti e di voci che comprendeva, verteva essenzialmente su due punti: (18)
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per ragioni igieniche, al fine di smaltire gli scarichi che defluivano nel canale, sarebbero state immesse nello stesso canale soltanto le acque derivate dalla Dora;
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per la sensibile riduzione della portata del canale, non più sufficiente al funzionamento della centrale idroelettrica interna al tabacchificio, il Comune avrebbe fornito le dovute compensazioni, valutato il potenziale dinamico del canale pari a 413 kW su dislivello di 8,35 m, con portata di 5.040 l/s.
Pur essendo cessata la produzione di forza motrice, l'acqua fu introdotta nel canale del Regio Parco fino agli anni Novanta, seppur nel contesto di un lento e inevitabile declino, svolgendo esso la funzione di canale bianco; le cronache cittadine se ne occuparono sporadicamente, per lo più per episodi di inquinamento dovuto allo scarico abusivo di sostanze nocive. (19) In seguito il canale fu definitivamente dismesso. L’alveo ormai asciutto ospita oggi orti abusivi e ricoveri di fortuna e si riempie rapidamente di sterpaglie nonostante il Comune di Torino ne curi la pulizia con una certa regolarità. Le vestigia rimaste versano in uno stato di marcato degrado e abbandono, accentuatosi dopo lo smantellamento dello scalo merci Vanchiglia ed agli incerti e marginali impieghi a cui l’area da allora è destinata.
Portate stagionali del canale del Regio Parco
I dati sono tratti dalla convenzione siglata nel 1961 tra la Direzione Generale del Demanio e la Città di Torino per la soppressione del canale del Regio Parco e si riferiscono quindi agli ultimi anni di esercizio. Il contributo dell'acqua derivata dalla traversa del Parco è modesto ed è evidente che senza quella proveniente dai Molassi la centrale elettrica nella Manifattura Tabacchi non avrebbe potuto proseguire l'attività. Le portate sono indicate in l/s.
Legenda:
A: da metà maggio a metà luglio
B: da metà luglio a metà dicembre e da metà marzo a metà maggio
C: da metà dicembre a metà marzo
Fonte: ASCT, Atti Speciali, Vol. 12, pag. 173
QUEL CHE RESTA DEL CANALE
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FUNZIONI
Il canale del Regio Parco nacque come canale industriale e lo specifico servizio a favore delle Regie manifatture ne spiegò la proprietà e l'amministrazione da parte del demanio. La forza dinamica del canale fu utilizzata anche da qualche opificio minore e non mancarono neppure gli usi irrigui, di norma limitati alla sera del sabato e alla domenica, quando le fabbriche del Parco rimanevano inoperose.
LA FILATURA DI COTONE VANZINA
Nel 1833 sullo scaricatore delle manifatture del Parco fu installata la ruota idraulica della filatura di cotone di Carlo Vanzina, (20) la quale per iniziativa di altri imprenditori fu convertita poi alla lavorazione della canapa e del lino. Nel 1847 l’opificio passò alla società Gaston Blondel C. – partecipata in origine anche dal conte Camillo Cavour – che provvide a installarvi un’innovativa pista capace di ridurre drasticamente i tempi della mondatura e dello sbiancamento del riso, attività che sotto la ragione sociale di Società per la Brillatura del Riso proseguì fino al 1874, quando l’impianto fu convertito al trattamento del minerale di rame ad opera della società Ulrico Geisser.
Carlo Alberto dà facoltà a Carlo Vanzina “di servirsi delle acque scorrenti nel canale Demaniale detto del Parco, e nel braccio cosiddetto della Cartiera, le quali dopo aver servito al giro delle macchine della cartiera e della fabbrica dei tabacchi colà esistenti vanno a gettarsi infruttuose nel fiume Po”.
Fonte carta: Catasto Rabbini, tav. XIV, 1866 (AST, Sezioni Riunite)
Dopo il 1881 esso ritornò alle produzioni tessili, prima laniere e poi legate alle fibre artificiali; dopo la Prima guerra mondiale la fabbrica passò alla Società Industrie Tessili Torinesi Anonima (SITTA) del gruppo Snia Viscosa di Riccardo Gualino. Alla fine degli anni Cinquanta essa fu rilevata e ampliata dalla FIMIT, operante nel settore della componentistica dell’auto, e nel 1998 cessò definitivamente ogni attività. (21) Nel corso del Novecento il salto d’acqua di 163 kW di potenza nominale di cui lo stabilimento si giovava fu impiegato per la produzione idroelettrica, ma nel febbraio del 1950 la nuova diga dell'AEM edificata sul Po a valle dello scaricatore lo rese inutilizzabile. (22)
2011 - Fonte: Bing Maps
Ex stabilimento FIMIT nel 2011 e nel 2017.
2017 - Fonte: Google Maps
E' evidentissimo il degrado che in una sola decina di anni rischia di compromettre definitivamente la bella struttura architettonica della prima industrializzazione torinese.
Il complesso si estende tutt’ora su una superficie di circa 20.000 m2 e, nonostante le numerose trasformazioni subite nel tempo, l’ala più antica ha conservato fin quasi ai giorni nostri le belle caratteristiche architettoniche “manchesteriane” delle origini. Per dirla con le parole di P. Bassignana: "Anche se la ruota idraulica è stata da tempo rimossa e non esiste più, è invece ancora perfettamente conservato l'edificio che la ospitava. Attraverso le feritoie che lo collegano con il corpo principale non è difficile immaginare le grandi cinghie di cuoio che, penetrando all'interno, conferivano il movimento alle macchine di volta in volta utilizzate. E non è neppure difficile vedere con l'occhio della mente, nelle lunghe maniche del pianterreno e del primo piano, la folla di uomini, e donne, intenti alle rispettive mansioni." (23) E per quanto oggi gravemente compromesso dall’abbandono e dal degrado, l’edificio meriterebbe certamente un intervento conservativo di rifunzionalizzazione.
Con Regie Patenti del 3 maggio 1821 sul ramo Vanchiglia, nei pressi del ponte delle Benne, fu concessa una ruota davanoira a palmette per il movimento di una “pesta da rusca” e un “botallo” nella conceria Raby, la quale già utilizzava le acque del canale per il lavaggio delle pelli. (24)
LA CONCERIA RABY
Progetto preliminare per una parte dello stabile della conceria Raby. La concessione sarà estesa anche a un “botallo per follare le pelli”. La pendenza del canale nel disegno è fortemente sovrastimata e nel progetto definitivo la ruota idraulica sarà modificata e i dodici “taglietti” della pesta inizialmente previsti saranno ridotti a sei.
Fonte: Pianta ed alzata di una parte dell'edificio di conceria di corami proprio del sig. Michele Raby, con il progetto di una ruota sulla bealera del Regio Parco che serve per il movimento di una pesta a taglietti, 1821 (AST, Sezioni Riunite).
Nella planimetria è ben visibile l’edificio della ruota e i fabbricati della conceria Raby che si affacciano sulla strada del Regio Parco.
Fonte: Piano regolare del corso della bealera del Regio Parco dall'uscita dei molini di Torino sino al ponte delle Benne, 1824 (AST, Sezioni Riunite, cit.)
LA RUOTA BOGGETTO
È datata 13 dicembre 1849 la concessione rilasciata ai fratelli Giacinto e Felice Boggetto relativa a una ruota idraulica per lavorare l’erba detta “spartea” per produrre stuoie e zerbini. L’opificio sorgeva nell’isolato delimitato da largo Montebello e via Santa Giulia, in prossimità dello scaricatore del Tarino. Nel 1858 l’uso della ruota venne esteso al moto di un tornio e di un ventilatore nello stabilimento per la lavorazione della ghisa e del ferro ospitato nello stesso caseggiato. (25)
È ben visibile la collocazione della modesta ruota idraulica che prendeva dal canale e lasciava defluire nello scaricatore del Tarino sulla sinistra del disegno. Si noti che via Santa Giulia è indicata nella pianta con il precedente nome di via San Luca.
Fonte: Planimetria dell’opificio dei f.lli Boggetto, 1857 (AST, Sezioni Runite)
TRASMISSIONE TELODINAMICA AL REGIO PARCO
Nel 1886 la Società Anonima Fabbrica Torinese di Colla e Concimi ottenne la concessione per collocare alla barriera daziaria del Camposanto di corso Novara una ruota idraulica orizzontale, trasferendo il moto prodotto alla fabbrica che si trovava poco distante con un sistema di cavi e pulegge di trasmissione telodinamica. Nel 1892 sullo stesso salto venne costruito l’edificio per i motori e la dinamo destinati a produrre energia elettrica da trasmettersi a un casamento sito presso il ponte Mosca. (26)
TRASMISSIONE TELODINAMICA DELLA FABBRICA TORINESE DI COLLA E CONCIMI
Il progetto del sistema telodinamico della società Anonima Fabbrica Torinese di Colla e Concimi risale al 1882. Esso consentiva di trasportare su breve distanza e tramite un cavo sorretto da tralicci l’energia prodotta da una turbina collocata su un salto idraulico. Anche nel caso in questione tale sistema fu presto soppiantato dalla diffusione della ben più efficiente energia elettrica.
Fonte: ASCT, AA.LL.PP., 1888, 169/7.
Il canale del Regio Parco servì anche numerose utenze irrigue, benché gli ampi spazi agricoli attraversati fossero in parte adacquati anche dalla bealera Vanchiglia. Nel 1836 risultano titolari di bocchetti sul canale i signori Raby, Prever, Perino, Musy, Bracchetti, Vanzina e il prevosto della Santissima Annunziata, sacerdote Vacchetta. (27)
Le manifattura dei Tabacchi
In attesa di dedicare alle Regie Manifatture del Parco lo spazio e l'attenzione dovute, se ne riporta la descrizione contenuta nel Riassunto statistico del movimento professionale e industriale avvenuto a Torino nel quadriennio 1858-61. «I tabacchi sono di privativa del regio Governo, e sebbene non rappresenti vera industria di Torino, tuttavia, siccome impiega molti operai ed è fonte di ricchezza nazionale, noi pure la comprenderemo. La fabbricazione dei tabacchi è divisa in due grandi manifatture, una in Torino, l’altra al regio Parco. Vi si preparano i tabacchi in polvere e da fumare. In quella di Torino si confezionano unicamente i sigari comuni e a foggia svizzera. In quella del regio Parco sonvi due turbine idrauliche di 150 cavalli caduna per il laboratorio dei trinciati e dei tabacchi in polvere. Per difetto di acqua, queste turbine utilizzano soltanto il 70 per cento di forza idraulica. Da esse sono poste in moto 118 macchine diverse. Nel laboratorio del Canadà havvi altro motore ad acqua della forza di 24 cavalli; esso dà moto ad 8 macchine per la laminazione del piombo. Altre 2 ruote, una di 10 cavalli e l’altra di 5, sono destinate alla torneria. Nel laboratorio della preparazione delle foglie di tabacco pei sigari, funziona un vapore di 6 cavalli, da cui dipendono 3 relative macchine. Vi si consumano 15,000 quintali di legno, 900 di carbone di legno, 10 di coke, e 17,000 miriagrammi di houille. Vi si preparano 860.000 chilogrammi di rapati, 12,500 di Canada, 1,000,000 di trinciati da fumo, 860,000 di sigari comuni nazionali e a foggia svizzera, 3.000 di sigari superiori e sigaritos, cioè in complesso circa 2,735,000 chilogrammi di tabacco lavorato in ogni guisa. Lo smercio ascende a circa 2,564,600 chilogrammi, dei quali 430,400 in Torino ; il resto nelle provincie del regno.
Fonte: Riassunto Statistico del movimento professionale avvenuto in Torino nel quadriennio 1858-61,
Torino, 1863, Eredi Botta, p. 86
Qualche anno prima, nel 1840, la Commissione Pernigotti osservava che sulla base degli esperimenti idrometrici effettuati «pel compiuto simultaneo movimento delle ruote e meccanismi delle due fabbriche di tabacco e della carta del Regio Parco fa mestieri l'ordinario volume di ruote 21 della dispensa di piedi cubi 2.6.3 ogni minuto secondo». (1 ruota d'acqua = circa 340 l/sec). Di queste, 4 erano ricavate dal ramo sinistro del canale del Regio Parco presso il ponte delle Benne e 3 dal canale Meana, per cui il solo movimento delle Regie Manifatture richiedeva che nel canale del Martinetto, al molino omonimo, fluisse un volume d'acqua non inferiore a 14 ruote.
Fonte: Relazione Pernigotti, cit. pag. 135.
La Pianta delle Manifatture del Parco al 1832 evidenzia la grandiosità del progetto. Il canale entra nella fabbrica dei tabacchi attraverso l'ingresso del cortile meridionale e, dividendosi i tre rami, si dirige verso gli spazi delle macchine idrauliche cerchiati in rosso. La cartiera occupa l'ala sud del complesso (a destra nel disegno) ed è servita da una canalizzazione propria che di distacca poco a monte. La canalizzazione d'angolo funge da scaricatore.
ASTO, Sezioni Riunite, Carte topografiche e disegni, Ufficio Generale delle Finanze,
Tipi, cabrei e disegni (sezione II), Torino, Regio Parco, mazzo 386.
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Nel 2017 sono iniziati i lavori per l'allestimento di una minicentrale idroelettrica che utilizzerà il salto della traversa dell'ex canale del Regio Parco.
Il quadro attuale. Il complesso delle ex manifatture del Parco e il vasto quadrante di nordest focalizzato sul dismesso scalo merci Vanchiglia, detto "Spina 4", attendono da anni radicali interventi di recupero, nel contesto di una generale riurbanizzazione. All'interno di alcuni tra i progetti formulati in passato, tra cui la discussa «Variante 200», si ipotizzavano la creazione di nuove strutture d’acqua, seppure ovviamente solo a fini decorativi degli ampi spazi verdi ideati. Tuttavia tali progetti sono stati abbandonati, e nei nuovi piani i destini del canale del Regio Parco, e dei suoi resti, paiono quanto mai incerti.
Il recupero ed il riuso del canale del Regio Parco ha una funzione essenziale del 2010 Studio Associato Pietrolucci per la sistemazione dell'ex scalo Vanchiglia.
Fonte: Città di Torino - Concorso Internazionale di idee La Metamorfosi.
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UNA PROPOSTA CONSERVATIVA
in attesa di nuovi progetti, una proposta. La parte storica delle Regie fabbriche, l'asilo Umberto I, la scuola elementare Giuseppe Cesare Abba e la piazza omonima, la Cassa Operaia di Deposito e Prestiti e i casamenti attorno a via Maddalene costituiscono il cuore del vecchio borgo del Regio Parco e parte essenziale della memoria storica protoindustriale e industriale della città. La mancanza di un’adeguata tutela di questo patrimonio non è immaginabile. In tale contesto si distingue il frammento di territorio costituito dal tratto di corso Regio Parco su cui insistono l’alveo asciutto del canale, le vecchie case, i fabbricati storici dell’ex tabacchificio e il binario del raccordo che lo collegava alla rete ferroviaria. La traversa, gli alvei in pietra del canale e le opere di distribuzione, le chiuse in legno, i massici meccanismi in ferro collocati nel parapetto di destra che controllavano i flussi d’acqua diretti verso la cartiera e lo scaricatore versano in condizioni precarie, ma sono ancora recuperabili. Con modesti interventi economici per il restauro del canale, la cura del viale, l’aggiunta di un minimo di arredo urbano e di pannelli illustrativi si potrebbe allestire un micro-parco industriale dal forte valore storico e simbolico, evocativo del passato produttivo, nemmeno troppo remoto, della città e del quartiere, magari collocando sul binario di raccordo dismesso un rotabile di quelli, forse ancora esistenti, che vi prestarono servizio per anni.
A sinistra: il raccordo ferroviario della Manifattura tabacchi. Sotto: il canale del Regio Parco e il raccordo ferroviario dello stabilimento ripresi dal ponte di via Mamiani negli anni antecedenti la chiusura.
Una fabbrica e un borgo, un legame forte e indissolubile: il Regio Parco e la Manifattura Tabacchi.
Online dal: 22-03-2018
Ultimo aggiornamento della pagina: 26-07-2023